«Internata», fa causa al sindaco

AZZANO DECIMO Il primo cittadino Bortolotti aveva disposto un Tso, dichiarato illegittimo in Tribunale

Ex infermiera, 59 anni, si rivolge al giudice e chiede un risarcimento di 250 mila euro

«Sono stata costretta ad un trattamento sanitario obbligatorio per tre settimane nell’ospedale psichiatrico di Sacile, ma tale provvedimento è stato dichiarato totalmente illegittimo dal giudice pordenonese Liana Zoso. Per tale motivo ritengo d’aver subito danni materiali e morali per 250 mila euro», questa la richiesta che M.S., una pensionata di Azzano Decimo, 59 anni, ex infermiera in servizio nell’ospedale Santa Maria degli Angeli di Pordenone, ha formalizzato nella causa civile promossa contro il sindaco di Azzano Decimo che, qualche mese fa, aveva firmato la richiesta di trattamento sanitario obbligatorio, facendo "internare" la donna.
 
L’angosciante vicenda ha avuto inizio qualche mese fa – ha spiegato l’avvocato Gianni Massanzana che assiste l’ex infermiera – quando il sindaco Bortolotti, dopo aver firmato una richiesta di trattamento sanitario obbligatorio, ha mandato i carabinieri a casa della mia cliente, disponendone un ricovero coatto nell’ospedale psichiatrico di Sacile. L’ex infermiera è rimasta in quella struttura per tre settimane finché il giudice Liana Zoso, alla quale ci eravamo rivolti, ha dichiarato quel ricovero totalmente illegittimo».
 
Dopo aver ottenuto la "liberazione" della cliente, strappandola alle cure mediche obbligatorie, l’avvocato Massanzana ha cercato di capire il motivo del provvedimento del sindaco. «La vicenda non è chiara – ha puntualizzato – ma probabilmente è da ricondurre ad una serie di controversie tra vicine alle quali potrebbe aver cercato di porre rimedio il sindaco. Il risultato? Il provvedimento di "Tso" firmato dal sindaco Bortolotti che il giudice ha ritenuto illegittimo».
 
L’ex infermiera, con l’assistenza dell’avvocato Massanzana, si è così rivolta al giudice civile, chiedendo al sindaco Bortolotti il risarcimento del danno. La prima udienza è stata celebrata qualche giorno fa, ma il primo cittadino non si è costituito. Il giudice ha così disposto un rinvio.
 
 
Roberto Ortolan
 
da Il Gazzettino di Pordenone di venerdì 26 gennaio 2007 pag. IX (segue dalla prima pagina)

6 Risposte a “«Internata», fa causa al sindaco”

  1. questa la replica del direttore del dsm di pordenone:

    Avrei voglia di incazzarmi, ma sono impegnato in questi giorni di piano 07

    in cause che giudico più serie, perciò mi limito a qualche informazione, se

    non altro per limitare la malafede con la quale questa notizia, constato

    ahimé, è stata già letta. La sig.a in oggetto è incontestabilmente affetta

    da un disturbo mentale che viene annoverato tra quelli maggiormente

    problematici, la “paranoia” o Disturbo Delirante, cruccio per ogni servizio

    che da una parte si sente spinto (dall’allarme sociale, da lettere ripetute

    dei vicini minacciati e aggrediti a ripetizione, dal sindaco, dalla aderenza

    al mandato, dall’etica) a prendersene carico, dall’altra trova una netta

    opposizione a farsi seguire da parte della Sig.a, che fatica a riconoscersi

    come bisognosa di cure, nonostante i molteplici i tentativi di incontro, le

    riunioni con i condomini e con il sindaco, con le forze dell’ordine ecc. ;

    nonostante, dopo un ASO fatto l’anno precedente, si fosse dichiarata

    disponibile a seguire un trattamento farmacologico e psicoterapico,

    rapidamente e in breve sequenza disatteso.

    Così, ecco le nuove lettere di protesta, le nuove aggressioni, il palleggio

    tra azioni sanitarie e giudiziarie, finché io stesso, stufo di assistere ai

    palleggi della irresponsabilità, propongo, a fronte del fallito ASO, di

    macchiarmi dell’infamia di suggerire agli impotenti servizi in causa di

    ricominciare da un TSO, appurato l’ennesimo fallimento delle misure

    alternative. La Sig.a , che vive ovviamente la risposta dell’ambiente alla

    propria persecutorietà come una persecuzione bella e buona (chi si ricorda

    della “pseudocomunità paranoide”?), si rivolge ad un giovane avvocato

    rampante, che blocca il provvedimento appellandosi ad un vizio di forma. Nel

    dispositivo del sindaco compare infatti solo la diagnosi, e non le

    motivazioni per esteso, comprensive di sintomi e comportamenti, che

    avvalorano il provvedimento. Al giudice non resta che anullare il

    provvedimento. I problemi restano ovviamente lì, il palleggio si ripeterà,

    la sofferenza si aggraverà, la delusione e il senso di impotenza anche ..

    Ma per fortuna questo nuovo caso di malapsichiatria sarà un nuovo motivo di

    denuncia al Forum, da parte delle anime belle.

    Io resto ingenuamente contento di aver tentato di assumere, assieme ai

    colleghi coinvolti, qualche responsabilità, di non essermi limitato ad

    osservare e criticare. Ho imparato a far meglio i TSO, che restano il

    terminale dei fallimenti di ogni altro sforzo intentato e vi assicuro che in

    questo caso di sforzi ne sono stati fatti tanti.

    I nomi sono oggetto di privacy ma è facile reperirli lo stesso.

    con amarezza

    Angelo Cassin

  2. “Minacciati ed aggrediti a ripetizione”, “lettere di protesta”, “nuove aggressioni”, “allarme sociale”.

    Nulla di tutto ciò.

    “Paranoia”, “Disturbo delirante”, “Pseudocomunità delirante”.

    Se tutto ciò è stato diagnosticato, allora era bene rispettare la privacy (“i nomi sono oggetto di privacy ma è facile reperirli lo stesso”).

    “Giovane avvocato rampante”.

    Perchè gli avvocati che riescono a dimostrare quanto male si lavori nella Pubblica Amministrazione sono sempre giovani e rampanti?

    “Ho imparato a fare meglio i TSO”.

    Era ora!

  3. Un giovane di Pordenone di 28 anni ha chiesto 250 mila euro di risarcimento al sindaco e a due medici per un TSO improprio: è il secondo caso a Pordenone. Un episodio che forse si sarebbe potuto evitare se in Italia, come succede in ogni parte dell’Europa, il Giudice Tutelare e i legali fossero parte attiva in tutte le fasi di svolgimento di un TSO, a partire dalla proposta. In Italia, unico caso in Europa, la decisione di sottoporre un paziente a un TSO che rappresenta a tutti gli effetti una limitazione della libertà personale, è affidata esclusivamente ai medici, mentre il Giudice interviene solo in un secondo momento. In ogni parte d’Europa, invece, già durante la prima fase del TSO i medici sono affiancati da un avvocato mentre il Giudice si reca di persona nel reparto psichiatrico (come succede in Germania ad esempio) proprio per evitare che i medici possano compiere gravi errori. Non si può lasciar decidere ai medici da soli di limitare la libertà personale, ma devono necessariamente essere affiancati da avvocati e giudici.

    Avrà un’ulteriore appendice in tribunale il caso del giovane a cui nelle settimane scorse il giudice ha sospeso il trattamento sanitario obbligatorio certificato da due medici, uno del Servizio psichiatrico dell’Azienda territoriale e sottoscritto dal sindaco Sergio Bolzonello. Già, perchè F.S., pordenonese, 28 anni, difeso dall’avvocato Gianni Massanzana, ha chiesto un risarcimento danni di 250 mila euro al sindaco (e quindi al Comune capoluogo), ai medici che hanno stilato i certificati che hanno portato al ricovero coatto e all’Ass 6. Non è la prima volta che accade un fatto del genere. In particolare per la stessa vicenda (la revoca di un trattamento sanitario obbligatorio) esiste già una richiesta di risarcimento per la stessa cifra nei confronti del sindaco di Azzano Decimo, Enzo Bortolotti. Si tratta di una persona diversa, patrocinata però dallo stesso legale che sta perorando la causa del giovane pordenonese.

    Ma cosa è successo? A spiegare la vicenda è direttamente il legale, Gianni Massanzana. «C’è subito da dire – attacca – che si trattava del settimo provvedimento restrittivo subito dal mio assistito. Questo a dimostrazione del fatto che il ricovero coatto serve a poco». Ma c’è di più. «Nello specifico – va avanti – il giudice ha accolto la nostra richiesta di sospensione del provvedimento per carenza di motivazioni. In pratica la legge impone che prima di un ricovero coatto il medico che chiede il provvedimento debba visitare la persona e la stessa cosa deve fare il professionista pubblico che controfirma. In questo caso mancavano i passaggi formali e – per quanto ci riguarda – non è sufficiente affermare che il paziente era conosciuto. La procedura attuata, invece, si era limitata alla compilazione di un prestampato. La richiesta di risarcimento – spiega ancora Massanzana – è intentata anche nei confronti del sindaco perchè è stato l’ultimo a controfirmare il Tso, ma devo dire che il nostro interesse non è certo quello di colpire il primo cittadino che evidentemente si è fidato del procedimento effettuato dai medici. Forse – conclude l’avvocato – non tutti sanno che il ricovero coatto per patologie mentali è praticamente una reclusione: si può telefonare una sola volta al giorno e in alcuni casi non è possibile ricevere visite. Il mio cliente è rimasto “recluso” per due settimane. Da qui la richiesta di risarcimento».

    Loris Del Frate

    Fonte: Il Gazzettino Online, link: http://gazzettino.quinordest.it:80/VisualizzaArticolo.php3?Luogo=Pordenone&Codice=3438551&Pagina=PORDENONE

  4. Qualcuno mi aiuti perfavore!

    Mia madre mi è stata portata via senza nemmeno uno straccio di visita in due anni; non solo, non è nemmeno una persona violenta o che strilla da sola o che importuna la gente per strada, stamattina mi recherò dal sindaco della mia città e intanto manderò il mio avvocato dal giudice tutelare che ha firmato l’ok a T.S.O senza nemmeno avere uno straccio di diagnosi o una cura alternativa. Inoltre credo proprio che farò anche io causa civile al sindaco della mia città e ai due dipendenti del servizio pubblico che mi sono piombati in casa e hanno fatto un vero e proprio sequestro di persona. Se qualcuno si è gia mosso in questa direzione lo/a prego di contattarmi a Lacosa83@gmail.com

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